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A Guy Called Gerald: la sua unica missione è la musica, senza classificazione alcuna
 
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9th January 2013
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Non è semplice doversi confrontare con uno come A Guy Called Gerald perchè ti scontri con un pezzo della musica europea e aggiungiamolo anche mondiale, uno dei primi dj a sperimentare le variazioni di bassi che hanno dato vita alla jungle e alla drum’n'bass, ha fatto evolvere l’idea dell’acid house ed è stato precursore per molti. Nell’intervista che segue si comprende la voglia di fare un po’ d’ordine all’interno del panorama musicale, e non la manda a dire nei confronti dei nuovi proprietari di etichette e di come gestiscono la “musica”… un po’ di sana arroganza e difesa del patrimonio personale. Buona lettura!

E’ un grosso onore ospitare un “gran maestro” come Gerald Simpson sul nostro magazine, perciò benvenuto su Soundwall. Non è sicuramente semplice racchiudere in poche domande il contributo che la tua produzione e l’influenza che essa ha avuto nell’evoluzione della musica elettronica; partiamo perciò dagli inizi. Potresti parlarci della scena di Manchester e cosa ti ha avvicinato a questo mondo?

Per me la scena di Manchester ha avuto inizio al Withington Hospital, un ospedale nel sud di Manchester. L’anno era il 1967, era febbraio, faceva molto freddo. Sono cresciuto in un ambiente pieno di musica: i miei genitori sono venuti da un paese molto musicale chiamato Giamaica e sono finiti in un paese molto noioso e monotono chiamato Inghilterra. Ma purtroppo c’era bisogno di lavorare e quindi hanno dovuto fare i conti con il mood inglese. Nel contempo hanno insegnato ai loro figli a fare musica e ad intrattenerli, così hanno comprato pianoforti e chitarre in tenera età e ci hanno indirizzati alla musica.

Gli anni ’80 sono stati anni pieni di novità e tu rappresenti una di queste. Dopo l’esperienza con gli “808 State”, nella tua stanza da letto hai creato il manifesto dell’acid-house “Voodoo Ray”. Senti il peso di essere uno dei procreatori e divulgatore, insieme ad altri artisti come Aphex Twin (fondatore dell’etichetta “Rephlex”, promotrice dell’acid house nella scena UK dal 1991), dell’intera scena acid-house UK ed in parte anche di quella mondiale?

Si, posso capire d’aver aiutato a dare il via alla scena acid house in Europa, ma allo stesso tempo sono stato influenzato da Adonis, Chip E ed i ragazzi di Detroit – Juan Atkins, Derrick May e Kevin Saunderson. Non ho mai creato acid house, nel 1987 ho formulato il mio stile, che era un misto di Chicago acid house, techno-Detroit e intriso di electro funk da New York. ‘Voodoo Ray’ e ‘Pacific State’ sono esempi di questo stile. La musica di “A Guy Called Gerald” va aldilà della sola Manchester, ha un abbraccio globale. Se è possibile trovare qualsiasi tipo di musica che suona come la mia, fatemelo sapere. In realtà nel 1987 quanti anni avrebbe avuto Aphex Twin (17 anni nda)? Non ha creato la acid-house. Nel 1987 ho fatto la demo di Voodoo Ray. Nel maggio 1988 è stato registrato in uno studio professionale e rilasciato poco dopo. Non c’era nessun altro in UK o della scena acid house europea che avesse pubblicato qualcosa in quel momento. C’erano un sacco di brani che sono stati etichettati acid house da parte dei media, ma era tutto un battage pubblicitario per creare vendite. Ad un certo punto è stato anche detto che l’acid era morta e il nuovo stile era quello “Balearico” – questo a causa degli addetti dell’ambiente che saltarono sul carro dei vincitori volendo guidare la scena house nella propria direzione. Le mie influenze musicali sono arrivate direttamente dai miei cugini americani, e questo c’è bisogno di ribadirlo perché in qualche modo i produttori neri vengono estromessi dall’universo dance. Aphex Twin è arrivato dopo, come tutti gli altri, negli anni ’90. È comunque vero che io sono stato la prima persona a pubblicare la mia versione della acid house in Europa. Se c’è qualcun altro mi piacerebbe saperlo…

La tua produzione musicale non è localizzata in un genere ma è trascendente, e non è semplice riuscire a definirla, questa è una prerogativa dei compositori? O solo una necessità per coloro i quali sono in continua fase di sperimentazione?

Ho iniziato molto presto – quando ho avuto la mia prima drum machine 808 e la bassline 303 – ed era ancora la metà degli anni ’80. Io sperimentavo e cercavo di comprendere come diventare padrone di queste macchine. Con il tempo ho compreso che nella mia tarda adolescenza, stavo producendo con le macchine una musica molto più complessa di quella che vien fuori dai grandi produttori di oggi. Ciò significa che già all’età di 20anni avevo raggiunto il mio stile e mi ci sentivo a mio agio. Dai miei pezzi può sembrare di essere in continua sperimentazione ma questo è attribuibile solo al fatto che non ho bisogno di seguire nessun altro stile. Trovo difficile poter racchiudere qualcosa in uno stile perché quello che vedo adesso è solo un grande copia e incolla di musica a cui poi ci si da una nuova classificazione, ma questo, per un amante di questa musica dai primi anni ’80, sembra solo una grande operazione di contraffatura. Quando ho iniziato ad interessarmi alla musica elettronica non c’era alcun concetto di genere – per esempio, conoscete Giorgio Moroder – quante persone hanno iniziato a suonare come Moroder? Copiare lo stile di qualcun altro, negli ’80, risultava imbarazzante ed anche una mancanza di creatività, ecco perché classificarsi in un genere rappresenta un po’ clonare qualcuno.

Riascoltando la tua produzione dagli inizi della tua carriera fino ad oggi si rimane impressionati, perché sei sempre stato un passo davanti agli altri. Hai messo le radici per la jungle e la drum’n'bass, la creazione della acid…i producers di oggi possono vedere in te un punto di riferimento, perciò la domanda viene spontanea. Se tu hai messo le basi per questi generi, cosa hai ascoltato, cosa ti ha dato l’input?

Bhè, come potete immaginare…i miei genitori sono venuti dalla Giamaica durante gli anni ’60. Io sono nato lo stesso anno in cui King Tubby ha inventato la dub. Sono cresciuto ascoltando reggae e dub in un paese che era ancora in ripresa dopo la guerra. Durante la mia adolescenza negli anni ’70 c’erano diversi stili musicali che si fondevano tra loro – reggae e ska insieme alla punk, in seguito abbiamo avuto la scena nu wave. Poi c’è stata la post punk era ed in seguito tutto il resto. Tutto questo poi era intriso con la underground music importata dall’America. Partendo dall’85 ho sviluppato l’attitudine alla cross-impollinazione fra generi diversi, per esempio amavo la jazz fusion, e la spinta, l’energia alla ricerca, a quel tempo, non era il calcio ma ballare. Probabilmente molti artisti e compositori di oggi hanno interessi che stanno al di fuori della sfera musicale, io non ho mai e credo mai avrò altro interesse che non sia quello della musica. Ecco perché la mia musica sarà sempre una commistione di generi a me vicini ed infatti la jungle non è altro che l’insieme di reggae, funk e techno.

Questa domanda è legata alla precedente. Il bisogno di sperimentare ti ha portato a fondare la tua etichetta personale “Juice Box Records” nel 1992, e ascoltando le release è incredibile quello che hai creato… Cos’hai sentito stando dall’altra parte della scrivania, e giudicare il tuo operato artistico con l’ottica commerciale? Cosa pensi della tendenza moderna per cui ogni produttore, anche a livelli medio bassi di qualità di produzione, a creare una nuova etichetta che probabilmente avrà vita breve? È tutto legato ai nuovi approcci, alla tecnologia?

La Juice Box è stato l’inizio di tutto il mio sistema. Sono stato sempre indipendente o ho voluto sempre essere visto come tale. Anche quando ero con la Sony/CBS, firmai solo a condizione che avessi avuto il mio marchio editoriale chiamato Subscape. Perciò dagli inizi ho sempre incoraggiato e sostenuto l’indipendenza musicale fra artisti perché credevo che questo avrebbe incoraggiato anche l’indipendenza creativa. Non credevo che il mondo dei produttori da “camera da letto” sarebbe cresciuta così tanto. Eravamo un po’ come smanettoni della musica. La tecnologia ha reso facile creare loops o samples che poi sono stati definiti come tracce finite; perciò senza alcuna direzione nel processo di produzione, la gente ha iniziato a fare tracce come mosaici di loops e samples messi insieme e poi le ha pubblicate. Sembra che ormai la parte più creativa del processo di produzione sia quello di trovare un nuovo nome per ogni nuovo genere ed è tutto marketing, questo perché ci sono così tante persone che fanno la stessa cosa e quindi si crede che dandogli un nome diverso faranno breccia sul mercato. L’intero processo ha davvero poco a che fare con la musica. Di base è solo un processo industriale con il marketing come risultato finale. Se per me il punto finale è il mixaggio della traccia, per loro è la commercializzazione del prodotto, sembra che non ci sia alcuna passione ma solo lo sviluppo di un prodotto. Questo è anche legato al fatto che sanno che l’attenzione dell’audience nei loro confronti ha vita breve e per questo non mettono energia nel processo di produzione. Ho calcolato che in 10 anni verrà esaurito il tempo della dance music, c’è già una mancanza effettiva di melodie. Posso garantirvi che se chiedessi a qualcuno di andare in un club ad ascoltare o ballare musica, sembrerebbe del tutto strano. Io vengo da un ghetto e questo era tutto quello che avevamo, i club erano i posti in cui andare e la musica era la nostra colonna sonora perché conoscevamo ogni traccia uscita durante quell’anno, a differenza di oggi. Fondamentalmente è successo che a molti dj manca qualcosa dal punto di vista ritmico, perché necessitano di una guida. Ora i dj sviluppano tools per altri dj, non tracce, ma solo strumenti per qualcun altro, materiale monotono e noioso da beat match. Infatti, la scorsa settimana mi sono districato fra più di 2000 tracce e molte di queste sono simili fra loro ecco perché credo che molti produttori utilizzino Ableton Live o Logic e molti utilizzano anche i suoni più popolari, quelli che si ascoltano nelle tracce dei dj più in voga del momento. Per me questo è davvero frustrante perché penso alla mia epoca, circa due decadi fa, quando siamo usciti fuori con diversi suoni prodotti dalle stesse macchine analogiche e sembrava che si potessero fare diversi tipi di musica usando proprio strumenti uguali fra loro. Ma ora, puoi scaricare così tanti e diversi synth e il tutto è ironico perché, quanti più strumenti ci sono per produrre, tanto meno originali sono i risultati.

Parliamo adesso del tuo rapporto con le mutazioni subite dalla produzione di musica elettronica. Potremmo chiamarti “A guy called Roland”, nei tuoi pezzi ritroviamo 909, 808, 101,727… se qualcuno ti consigliasse di utilizzare Ableton o un Cubase, potresti ucciderli? Che sentimenti hai nei confronti della nuova era di produzione?

Io amo il suono delle vecchie macchine, ci sono cresciuto. Nell’82 sognavo di possedere un 808 e a lungo andare l’ho ricevuta nell’86 ed e poi sono stato felice di avere tutti gli strumenti Roland. A quel tempo utilizzare quelle macchine era considerato molto “techno” quando la maggior parte della gente utilizzava strumenti live per produrre musica. Io vorrei incoraggiare ogni produttore ad utilizzare software e dedicare poi lo stesso tempo sulle macchine analogiche. Ma, siccome sono uno smanettone futuristico nel campo musicale e lo sono stato dagli inizi, ora utilizzo un software della Propellerheads chiamato “Reason”. Una delle ragioni è il basso utilizzo di memoria CPU e ha tutti gli elementi di un vero studio. Durante i primi anni ’90 ho speso molto della mia vita in un vero studio di registrazione e utilizzare Reason mi fa sentire come a casa. Mentre gli altri software sembrando confondere con numeri e blocchi. Nel mio processo produttivo sento la necessità di muovere i faders e il mixing desk è divenuto il mio strumento alla fine, e Reason, ha nel mixing desk il cuore di tutto. Negli ultimi 10 anni Reason è stato lo strumento utilizzato da me.

Parlando del processo produttivo. Tu parti in una direzione per quello che sarà il pezzo o è solo improvvisazione? E per uno show? Un consiglio per nuovi produttori che approcciano al tuo stile?

In ogni momento nella mia testa viaggiano diversi pensieri. Come detto prima, ci sono diverse influenze e siccome non ho molti altri interessi al di fuori della musica, viene naturale per me crearla. Parto con una fase di sperimentazione dove improvviso senza una vera improvvisazione (se la cosa ha senso). Suggerirei ai nuovi produttori di provare e pulire la propria mente. Credo che potrebbe essere un po’ più difficile per loro perché subiscono l’affascino di diversi altri produttori che loro ammirano… mentre la mia ispirazione viene da gente come Prince, James Brown, Chick Corea, Stanley Clarke, Quincey Jones; quello che voglio dire è che, molta della mia ispirazione, è stralciata rispetto al clubbing, perciò consiglio di provarci, pulire la propria testa dal seguire quello che dice qualcun altro o quello che suona un dj, ma partire da quello che ognuno sente proprio. Una cosa che si dovrebbe fare è quella di impratichirsi con l’improvvisazione, ovvero comprendere come sviluppare una melodia nella propria testa. Provare ogni giorno a creare melodie e ritmi originali senza avvicinarsi ad un computer.

Per un “gran maestro” come te, risulterà facile dirci dove sta andando la produzione musicale. In questi mesi sembra che il fuoco sia stato riallineato sulla “techno”, l’utilizzo del vinile, il ritorno alle “macchine”… cosa credi ascolteremo da qui a 3 anni?

Da quando le macchine vanno non ho ascoltato nulla di interessante o nuovo, e per me il concetto di fare una traccia in Ableton Live che ha come risultato un mp3, che poi viene rilasciato su vinile, parte già sconfitto rispetto all’obiettivo da voler raggiungere. Nel 1992 la musica che producevo con la sua frequenza tracimava la capacità delle venature del vinile, era impossibile da catturare sui vinili. Le frequenze erano troppo basse per la lunghezza delle tracce e se non lo si sa, quanto è più basso il tono in frequenza tanto maggiore è lo spazio richiesto su vinile. Quando suono in live lo faccio direttamente attraverso il sound system a 192kHz. Suono con lo stesso setup dello studio in maniera tale da non perdere in qualità o inventiva, non c’è un mezzo disponibile per registrare e riascoltare al meglio quello che viene fatto in un club. Sento che nei prossimi 3 anni molta di quella gente che avrà usato le macchine analogiche tornerà ad utilizzare i software con nuovo vigore ed orecchie più allenate. Una della cose che ho imparato da subito è che “sta tutto al mixaggio”, non puoi di certo incolpare gli strumenti per un brutto lavoro. Perciò se produci spazzatura con i software non saranno di certo questi ad aiutarti poi tanto.

Sii giudice di te stesso adesso, hai detto al mondo tutto quello che la tua mente crea ogni giorno? Cambieresti qualcosa circa la tua vita, e credi di aver tralasciato qualcosa per la musica?

Generalmente non mi danno sempre la possibilità di dire quello che voglio dire perché quasi sempre ricevo come risposta “Mi piace molto Voodoo Ray”. Non interessa quello che faccio ma tutto viene ricondotto a Voodoo Ray. Studio questo comportamento da anni e quello che magari non realizzano è che probabilmente è una delle prime tracce che hanno ascoltato con quello stile e probabilmente confondono quello che la traccia stessa voglia significare.

La top 5 delle “Tracce Che Non Riesci Atoglierti Dalla Testa” … le tracce più amate e che ti hanno avvicinato al mondo dell’elettronica:

Renegades of Funk by Afrika Bambataa; Scorpio by Grandmaster Flash and The Furious Five; Bepop by Rammellzee and Jean Micheal Basquiat; Clear by Cybotron; No UFOs by Model 500.

[Author: Alessandro Montanaro]

 
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It’s not easy having to deal with someone like A Guy Called Gerald because you clash with a piece of European music and we can say it, also worldwide; one of the first DJs to experiment with variations of basses that gave birth to the jungle and drum and bass, made develop the idea of acid house and was the precursor to many. In the following interview we understand the desire to do a little order within the music scene, and he doesn’t saves the new owners of labels and how they manage “music” … a little healthy arrogance and defense of personal assets. Happy reading!

It’s a great honor to house in a grand master like Gerald Simpson on our magazine. Nice to have you on Soundwall. It’s not so easy enclose in few questions the huge amount of your production and the great influence that you gave to the electronic music movement; so let’s start from beginning. Could you talk about the Manchester scene and what have brought you in this world?

For me the Manchester scene started in Withington Hospital, it was a hospital in the south of Manchester. The year was 1967, it was February, very cold. I grew up in a very musical society. My parents came from a very musical country called Jamaica and ended up in a very dull and boring country called England. But they had to work, so they had to deal with it. They had to then train their children to do music to entertain them. So they bought up pianos and guitars at an early age and taught us to make music.

The 80’s were full of newness and you represent one of these. After the “808 State” experience, in your bedroom you have created the manifesto of the acid house “Voodoo Ray”. Do you feel the weight to be a procreator with Aphex Twin of the entire acid UK and world scene?

Yes I can understand I helped kick off the acid house scene in Europe but at the same time I was influenced by Adonis, Chip E and the Detroit guys – Juan Atkins, Derrick May and Kevin Saunderson in Detroit. I never created acid house, by 1987 I had formulated my own style which was a mixture of Chicago acid house, Detroit techno and infused with Electro Funk from New York. ‘Voodoo Ray’ and ‘Pacific State’ are examples of this style. A Guy Called Gerald’s music is way more global than just Manchester. If you can find any music that sounds like mine, let me know. Actually in 1987 how old would Aphex Twin have been? He didn’t make acid house music. In 1987 I made the demo of Voodoo Ray. In May 1988 it was recorded in a professional studio and released soon after. There was no other UK or European acid house released at this time. There was a lot of tracks that were labeled acid house by the media but this was all hype to create sales. At one point they were even saying acid was dead and the new thing was “Balearic” – these were the media people that jumped on the bandwagon and wanted to steer the scene off into their own direction. My influences came directly from my cousins in the USA. We need to get this straight because somehow black people are being written out of dance music. Aphex Twin came later with everyone else in the 90s. So your question is a bit confused. It is true I was the first person to release my version of acid house in Europe. If there is any others I’d like to know…

Your production is not located in a genre, it is really transcending. It’s not so easy defining it, that’s a prerogative of the composers? Or it’s a need of who’s in continuous experimentation?

I started really early – when I got my 808 drum machine and 303 bassline – it was still the mid 80s. I was experimenting then and learning how to become the master of these machines. By the time I’d reached my late teens I was producing music more complex than any of the top producers of today with machines. This meant that by the time I’d reached my early 20’s I’d relaxed into my own style. The reason it might sound or seem like I’m continuously experimenting is because I have no need to follow anybody else. I find more and more that in electronic music there is a lot of copying and cloning going on so what you would class as one style of music, to someone who has been following music since the early 80’s – it just sounds like people copying one another and just calling it a genre. There was no concept of genres when I started to be interested in electronic music – for example, you know Giorgio Moroder – how many people back then sounded like Giorgio Moroder? The reason being, in the 80’s, to copy somebody else’s style was seen as very embarrassing. It showed a lack of creativity.

I’m really impressed re-listening your production from the early years of your career to nowadays and you were always a step forward to the others. You gave the roots for the jungle and drum and bass, the creation of acid house…the new producers could have in you a datum point, so the question comes spontaneous. If u have created these genres what u have listen, what gave to u the input?

Well, if you can imagine … my parents came from Jamaica during the 60’s. I was born the same year King Tubby invented dub. I grew up with reggae and dub music in a country that was still in development after the war. During my early years in the 70’s there was different styles of music fusing together – reggae and ska was fusing with punk, later on we had the nu wave scene. There was the post-punk era that was where anything goes. You can imagine all this infused with underground music imported from America.. By the time I got to 1985, I developed a habit for cross-pollination of music. I even found a style of jazz which was called Jazz Fusion. The main reason why there was this energy to find new music was because my main focus in life, at the time, was not football but DANCE.

You will probably find that most of your composers and artists of today – their main drives are outside of music. I have never had and don’t think I ever will have another interest other than music. Therefore my music will always be an infusion of many of my own styles. Jungle was an infusion of reggae, funk and techno.

This question is related to the fourth. The need of experimentation have brought you to establish your own label “Juice Box Records” in 1992, and listening the releases it’s astonishing what you created…what you felt to be from the other part of the deck, and to be judge also in a economic way of your work? And what u think of the modern trend in which every producer, also at low-medium quality level, create a new label that maybe dies in few months? It’s all related to the new approaches, technology?

Juice Box was the start of this system. I was always independent or wanted to be seen as independent. Even when I was with Sony/CBS I signed on the condition that I could have my own imprint called Subscape. So from the beginning I was encouraging independence with artists because I thought that it would also encourage an independence in creativity. I didn’t realize that the bedroom producer scene would become so developed. We were more like musical geeks. Then technology made it easier for anyone to produce loops and soon loops were being defined as finished tracks. So without any kind of thought towards the musical process, people are just jigsawing samples and loops together and releasing them. It seems like the most creative part of what they do is trying to find a new name for a new genre for the marketing. Because they figured out is that there is so many of them doing the same thing, if they call it a different name then they are hoping that people will go for it. So the whole process has very little to do with music. It’s basically an industrial process with their end result as marketing. Where my end result is the mix of the track, their end result is the marketing of the product. There seems to be no passion for the music whatsoever – you are getting a product. They kno8w there is a very short shelf life and attention span and so there is not much energy actually put into the musical process. I calculate in ten years time dance music is going to be totally dead. It is already starved of melody. I could guarantee you if I was to ask someone to go to a club today to listen or dance to music, it would sound completely weird. I’m from a ghetto and this was all we had. The clubs were where you could go and the music was our soundtrack. We knew every tune inside out that came out that year. Basically what has happened is that some djs are rhythmically challenged – because they need a rail. The djs are making dj tools – they are not tracks – they are just dj tools for each other – monotonous, boring beatmatch material. In fact, in the last week I have been going through 2,000+ tracks and most of them are very similar so I guess most of the producers are using Ableton Live or Logic and somehow going for the sounds that are the most popular sounds – maybe the tracks that the popular djs at the moment are playing. For me this feels frustrating as we came out with so many different sounds a couple of decades ago using analogue machines – it seems there were so many different types of music using the same instruments. But now, you can download so many different synths. It’s ironic, it’s seems that the more machinery available to produce music, the less orginal it becomes.

Let’s talk about ur feeling with the mutations of the electronic music production. We could call you “A guy called Roland”, in your tracks we could listen of 909, 808, 101, 727…if someone would suggest you to use Ableton or a Cubase, you could kill them? What is your feeling with the new music production?

I love the sound of the old machines – I grew up with them. In ‘82 I was dreaming of owning an 808 so by the time I got to ‘86 I was very happy to have all the Roland gear. At the time it was very “techno” to use that machinery when most people at this time were using live instruments. I would encourage any producer using software to spend some time on analogue machinery. But, because I am a futurist music geek and I have been from the very start, I nowadays use a software from Propellerheads called Reason. One reason is that it is very low on CPU usage and it has all the elements of a real studio. During the early 90’s I spent most of my life in my recording studio so it feels like home programming music with Reason. Whereas most of the other software seems like messing around with numbers and blocks. In my production I feel the need to move faders and the actual mixing desk became my instrument in the end. And Reason has the mixing desk still as it’s heart. For the last 10 years I have been using Reason as my main tool.

Talkin’ about the music production. Do u start with a path in your mind for what will be the song or it’s just improvisation? And for a gig? A suggest for the new producers who approach to the styles you created?

I have a lot of different things going on in my head at any one time. Like I mentioned before, there are a lot of influences and because I don’t have many other interests outside of music, it comes natural to make music. I go through phases of exercises – where I improvise within an improvisation (if that makes sense). I would suggest to a new producer to try and clear your mind. I think it may be a little harder for them because they have all these different people that they are fans of or who they like… whereas my inspiration comes from people like Prince, James Brown, Chick Corea, Stanley Clarke, Quincey Jones – what I’m saying is that a lot of my inspiration comes outside of this clubbing scene so I would suggest to a new producer to basically try and clear your mind of following what anyone says or what any dj plays and just go with what moves you. One thing you should try is exercising improvisation skills – to do that you just need to know how to make a melody up in your head. Try every day to make original melodies and rhythms before you go anywhere near a computer.

For a grand master like you, it would be easy to tell us where is going the music production. In these months the production has relocated its focus on techno, the usage of vynils, the return to the “machines”…what u think we could listen from now to 3 years?

As far as machines go, I’ve not heard anything interesting or new and for me the whole concept of someone making a tune in Ableton Live out of mp3s and then releasing on a vinyl, defeats what they are trying to achieve. In 1992 the music I was producing was bursting the seams of vinyl capability with it’s frequency. It was impossible to capture on vinyl. The frequencies were too low for the lengths of the tracks. If you are not aware – the lower the tone, the more space you need to use on a vinyl. When I play live I am playing directly through the soundsystem at 192 kilohertz. I play with the same setup as in the studio so there is no loss of quality or inventiveness – there is no medium available to record and play back what you hear at the club. I feel in the next 3 years a lot of people who have been using the analogue machines will go back to software with a new vigour and trained ears. One of the things that I learnt very early on is that “it is all in the mix”. You cannot blame the tools for a bad job. So if you make rubbish music with software, hardware is not going to help you very much. If it sounds bad with software then it will sound bad with hardware too.

Let be yourself judge of you, have you said to the world all what ur mind creates everyday? Would you change something about your life, and u think to have loss something in the name of music?

I don’t usually get a chance to say what I want to say in general because the return I usually get from saying or doing anything is “I really like Voodoo Ray”. It doesn’t matter what I do but the majority will return to Voodoo Ray. I have studied this for years actually and what they don’t realize is that it is probably one of the first tracks they heard in that style and so they are probably getting it confused with it being a really good track.

Your Top 5 list of how I call “Tracks That Can’t get Out of Your Head” … your beloved tracks ever, that get you closer to this electronic world:

There are so many different tunes since 1982… Renegades of Funk by Afrika Bambaataa, Scorpio by Grandmaster Flash and The Furious Five, Bebop by Rammellzee and Jean Michael Basquiat, Clear by Cybotron, No UFOs by Model 500.

[Author: Alessandro Montanaro]